venerdì 1 maggio 2009

Rassegna stampa derivati

Data pubblicazione  30/04/2009

Autore  Il Corriere della Sera


La tentazione della corsa ai derivati Ma Monorchio: non vedo il rischio 
I Comuni Il pd Corritore: l'allarme c'è 
MILANO - E ora? Sarà corsa ai derivati e alla finanza «complessa» con la maggiore autonomia locale in arrivo grazie al federalismo fiscale? Il dubbio non è certo campato in aria a soli due giorni dal nuovo capitolo dell'affaire «Madunina» e al sequestro di 400 milioni in Ubs, Deutsche Bank, JP Morgan e Depfa Bank, la banche coinvolte nell'inchiesta sui contratti derivati del Comune di Milano. Il sentimento generale a caldo non sembra di preoccupazione. «Non ho ancora fatto una riflessione approfondita sul tema ma, epidermicamente, direi che non ci dovrebbe essere un impatto di rilievo. Sicuramente nulla potrà cambiare per i contratti in essere ma non vedo riflessi nemmeno per quelli nuovi» risponde l'ex Ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, oggi presidente onorario di MTM, società di consulenza sui derivati che segue una delle quattro banche a Milano. È d'accordo con lui anche Pietro Maria Tantalo, socio di MTM, e partner dello studio legale Orrick. «Nel breve termine non mi attendo conseguenze anche perché sulla scia del "terrorismo" che è stato fatto sulla questione, gli amministratori locali ci penseranno bene prima di proporre in giunta la copertura con strumenti derivati. Ma nel medio periodo l'effetto potrebbe essere anche positivo con un uso più adeguato di questi strumenti». 
«Allo stato attuale delle informazioni - dice al telefono il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino tra un voto in consiglio e l'altro - è difficile dare una risposta ma a occhio non mi sembra che ci possa essere un impatto del federalismo fiscale sull'uso dei derivati. Non vedo un nesso meccanico». Anche perché, in effetti, i due livelli sono distinti, motivo per cui Vasco Errani preferisce non dare nessun giudizio: il federalismo riguarderà il reperimento delle risorse, mentre i derivati sono stati usati nella ristrutturazione del debito degli enti locali. Senza contare che, al netto dei tempi di attuazione della riforma, la sottoscrizione di nuovi contratti è congelata in attesa dei nuovi regolamenti del Tesoro. Ma è anche vero che in taluni casi il grosso successo «locale» (ma anche nazionale) dei derivati era esploso grazie alla possibilità tramite gli swap sui tassi di interesse di rinviare gli impegni e dunque di liberare risorse (nel caso del Comune di Roma, per esempio, uno dei contratti prevedeva il congelamento per un anno del pagamento delle cedole). 
Insomma, qualche link potrebbe anche esserci. E, anzi, gli argomenti sono avvitati «pericolosamente» per Davide Corritore, ex top manager Deutsche Bank e oggi esponente del Pd che per primo ha sollevato il caso dei derivati di Milano. «Per giudicare il federalismo fiscale sarebbe necessario attuare anche un "federalismo" dei debiti e dei rischi a livello locale. Quant'è il mark to market (cioè il valore attuale di mercato; ndr) dei miliardi di operazioni in derivati in giro per l'Italia? Conosciamo il valore aggregato, ma non quello dei singoli enti. Come si possono giudicare le decisioni prese a livello locale senza conoscere i rischi che hanno preso per i prossimi 30 anni sul debito ? E questo senza contare che l'ammontare di queste operazioni pesa sul rischio Paese».

Federalismo fiscale è legge: le novità


Roma Capitale. L'Aula del Senato ha approvato l'articolo 24 della riforma che danno nuove funzioni alla città. Funzioni disciplinate da regolamenti del consiglio comunale che diventa Assemblea capitolina.


Il Comune diventa un ente territoriale con speciale autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria. 



L'ente territoriale avrà nuove funzioni amministrative in varie materie: valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali in accordo con il Ministero per i Beni e le attività culturali; sviluppo economico e sociale di Roma capitale, con particolare riferimento al settore produttivo e turistico; sviluppo urbano e la pianificazione territoriale; edilizia pubblica e privata e l'organizzazione e il funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla mobilità.


Da spesa storica a costo standard. L'obiettivo della riforma è quello di assicurare autonomia di entrata e spesa agli enti locali in modo da sostituire, gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica con quello dei costi standard per i servizi fondamentali che devono costare ed essere erogati in modo uguale in tutto il Paese.


Autonomia, arriva fisco su misura. Il fisco diventa a più livelli, ognuno con propria autonomia, anche se nel rispetto dei principi di capacità contributiva e progressività previsti dalla Costituzione. Per quanto riguarda le Regioni, le funzioni fondamentali (assistenza, sanità e spese amministrative dell'istruzione) vanno coperte con gettito tributario valutato ad aliquota e base imponibile uniformi e in base a tributi propri derivati, istituiti con legge statale; addizionale regionale Irpef; compartecipazione all'Iva (in via prioritaria); quote di fondo perequativo; Irap, ma solo in via transitoria in vista di un superamento di questa imposta. Le altre funzioni sono finanziate con tributi propri e fondo di perequazione. Le spese essenziali dei Comuni (che riguardano territorio e ambiente, istruzione con gli asili nido o l'edilizia scolastica, viabilità, settore sociale...) vengono finanziate con le imposte immobiliari, un mix di compartecipazione a Iva e Irpef e fondo di perequazione. Per le altre ci sono tributi propri e compartecipazione a tributi regionali. Le funzioni fondamentali delle Province (tutela ambiente; trasporti; istruzione...), vengono finanziate con tributi connessi al trasporto su gomma; compartecipazione a tributi erariali; perequazione. Mentre per le altre il meccanismo è uguale a quello dei Comuni.


Fondo perequazione: solidarietà per prestazioni base. Il fondo perequativo è statale ed alimentato dal gettito da compartecipazione all'Iva assegnata per le spese relative alle prestazioni essenziali ma anche da una quota del gettito derivante dall'aliquota media di equilibrio di addizionale regionale all'Irpef assegnata per il finanziamento delle spese non riconducibili alle funzioni essenziali. Viene utilizzato, secondo il principio costituzionale del favore verso i territori a minore capacità fiscale e le sue quote vengono assegnate a ciascuna regione senza vincolo di destinazione. 

Nove città metropolitane, anche Reggio Calabria. Nel ddl viene delineato l'iter per l'istituzione di nove città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Percorso che prevede anche un referendum consultivo della popolazione, potrebbe anche portare - è previsto esplicitamente - alla cancellazione delle corrispondenti province.


Bicameralina. A dare il parere sui decreti attuativi della delega sarà una commissione bicamerale, composta da 15 deputati e 15 senatori nominati dai presidenti delle Camere che indicano, di comune accordo, anche il presidente.


Clausola salvaguardia. L'entrata in vigore del federalismo fiscale non può causare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


martedì 17 marzo 2009

Novità legislative


Martedì 24 febbraio 2009 l’Aula della Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il decreto legge cd Milleproroghe, convertito in legge n. 14 del 27 febbraio 2009 pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 49. Diverse sono le disposizioni economico–finanziarie di interesse. Tra queste vi è anche l’annosa questione della tassazione ICI degli immobili rurali, tema oggetto negli anni di molte e spesso contraddittorie interpretazioni e sentenze. La disposizione chiarisce in modo definitivo la questione prevedendo che ai fini del pagamento dell’ICI non siano considerati fabbricati le unità immobiliari per le quali ricorrono i requisiti di ruralità. In particolare, il comma 1 bis dell’articolo 23, introdotto nel corso dell’esame dal Senato, dispone che il riconoscimento della ruralità dei fabbricati ai fini ICI, deve essere effettuato sulla base dei requisiti indicati nell’articolo 9 del decreto legge n. 557 del 1993 (requisiti di ruralità), anche nel caso in cui le unità immobiliari risultino iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati. Si fa notare che l’attribuzione della ruralità ai fabbricati comporta ai fini fiscali l’esenzione dal pagamento dell’ICI, oltre che dell’IRPEF.

lunedì 16 marzo 2009

notizia di cronaca

Si riporta quanto segue articolo apparso su corriere di caserta di lunedì 16 marzo 2009 a pag. 19

Gallo matese

Il decreto emesso dalla magistratura per esaminare i documenti per la manutenzione dei due depuratori

Blitz dell’Arma in Comune e a casa del sindaco

Gallo Matese (Vi.Pe. ) - I carabinieri della stazione di Capriati al volturno e del nucleo operativo della compagnia di Piedimone Matese , hanno eseguito una perquisizione all’interno del comune e di due case di proprietà del sindaco di gallo matese Francesco Confreda .Ad ammettere il decreto di perquisizione è stato il magistrato Silvio Marco Guarriello. Tutto nasce da una denuncia presentata da alcuni consiglieri su presunti illeciti per la gestione e manutenzione di due impianti di depurazione. In pratica bisognava fare luce sui lòavori di manutenzione che prevedevano lo stanziamento di alcune migliaia di euro per i lavori di manutenzione. Le opere non sono state ancora terminate e sarebbero già stati stanziati oltre 120mila euro. Nella casa comunale e nelle due case di proprietà del primo cittadino, una a Gallo Matese, l’altra a Capriati al Volturno, sono stati sequestrati centinaia di documenti ( la maggior parte dei quali in comune). Tutto adesso è al vaglio della magistratura. A termine della prima tranche di indagine si sono concretizzate le ipotesi di reato per falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, contraffazione di sigilli e abuso d’ufficio. Queste le motivazioni scritte nella delega redatta dalla magistratura che ha delegato i carabinieri per l’esecuzione materiale delle perquisizioni e dei sequestri dei documenti inerenti alla questione depuratori.

sabato 7 marzo 2009

tratto da il movimento per la sinistra matese

La New Age della Sinistra

Sono le condizioni oggettive di questa nuova fase sociale,  caratterizzata dalla sua inedita realtà , non interpretabile più con gli obsoleti schemi politici e sociali e con le consumate e storiche pratiche della politica di oggi, che hanno, tra le altre cose, motivato la nascita del nuovo  movimento per la sinistra. DOPO gli avvenimenti politici che hanno portato al solido governo della destra e l’uscita della sinistra dalle camere, e che dopo il congresso di Chianciano ha visto diviso anche il PRC. Si è creata la necessità di costituire un movimento capace di rappresentare una larga fascia del popolo che ha bisogno di sentirsi tutelata negli aspetti primari della vita privata e sociale. Nonostante un territorio caratterizzato dall’incertezza del futuro e dominato da scarsi vincoli sociali di solidarietà, il movimento per la sinistra  oggi è protagonista del processo per la costituzione di un nuovo soggetto politico e per la realizzazione di politiche che hanno una propria soggettività su questo territorio. Ne fanno parte varie soggettività tra le quali segnaliamo : il sindaco di Letino Antonio Orsi , Antonietta Fortini, Giuseppe Santagata e Giuseppe Nasciano ( membro del direttivo provinciale FIOM), Antonio Italiano ( Dragoni), Michele Argiento (Alvignano). Sono in programmazione anche una conferenza programmatica ed un incontro con europarlamentari. Le risposte a questa lunga crisi sono soprattutto concentrate nella parola “ cambiamento” che vuol dire anche e soprattutto far emergere le voci che sinora sono state soffocate dalla sopravvivenza quotidiana, e rilanciare un progetto di unione e di solidarietà sociale, in cui l’apporto di idee e di proposte sono tutte in orizzontale . Nei prossimi giorni il movimento promuoverà le iniziative necessarie per raccogliere il contributo di tutti quelli che oggi sono interessati alla costruzione della sinistra di questo secolo.

 

 

  

venerdì 6 marzo 2009

rassegna del "che" a bologna

Il “Che” in rassegna a Bologna

Patria o muerte: immagini del Che è il titolo della rassegna omaggio dedicata a Ernesto "Che" Guevara, curata da Gianni Minà che, a partire da lunedì 9 marzo prossimo per quattro giorni, si svolgerà al Cinema Lumière di Bologna (via Azzocardino, 65) promossa in collaborazione con FICE Emilia-Romagna.
In rassegna film, documenti, backstage, ma anche la nota intervista che lo stesso Minà realizzò con Fidel Castro Fidel racconta il "Che",che farà da apertura e primo appuntamento della quattro giorni bolognese. Al termine della proiezione l'incontro in sala del pubblico con l'autore  che introdurrà anche il documentario In viaggio con "Che" Guevara, diretto da Minà nel backstage del film di Walter Salles I diari della motocicletta.

Molte altre proiezioni in rassegna come Il "Che" 40 anni dopo di Gianni Minà, L'ora dei forni di Fernando Solanas  del 1967, Compañero Presidente di Miguel Littin del 1971 e Comandante di Oliver Stone del 2003, che chiuderà la rassegna.

Arricchiranno ulteriormente l'omaggio una serie di  documenti d'epoca realizzati a Cuba, in particolare quelli di Santiago Alvarez autore di Patria o muerte e Noticiero Icaic: Castro e "Che" Guevara e di Miguel Torres con Campamento 5 de mayo.

 

 

 

Programmazione

Lunedì 9 marzo

  • 17.30 Cinema Lumière - Sala Officinema/Mastroianni 

FIDEL RACCONTA IL "CHE"

(Italia/2007) di Gianni Minà (75')

precede
NOTICIERO ICAIC: CASTRO E "CHE" GUEVARA
 (Cuba, 20') di Santiago Álvarez
Versione originale con sottotitoli italiani

Al termine incontro con Gianni Minà

  • 20.00 Cinema Lumière - Sala Officinema/Mastroianni 

IN VIAGGIO CON "CHE" GUEVARA

(Italia/2003) di Gianni Minà (120')

 

Introduce Gianni Minà

  • 22.45 Cinema Lumière - Sala Officinema/Mastroianni 

I DIARI DELLA MOTOCICLETTA

(Diarios de motocicleta, Argentina-USA-GB-Cuba-Germania-Messico-Cile-Perù-Francia/2004) di Walter Salles (126')

precede
PATRIA O MUERTE
 (Cuba/1975) di Santiago Álvarez (25')

Martedì 10 marzo

  • 20.00 Cinema Lumière - Sala Officinema/Mastroianni 

IL "CHE" 40 ANNI DOPO

IL "CHE" 40 ANNI DOPO (Italia/2008) di Gianni Minà (87')

Al termine incontro con Gianni Minà

 

 

giovedì 5 marzo 2009

Formazione nel rinnovabile

Impianti fotovoltaici: potenzialità e caratteristiche energetiche dell’edilizia diffusa e concentrata. Questi i punti affrontati durante la prima lezione inaugurata dal Prof. Pietro Mazzei e l’Ing. Claudio Laterza, alla quale è possibile assistere gratuitamente.

 

  

05/03/09 - La seconda edizione del corso rivolto alla creazione di figure altamente specializzate in campo fotovoltaico, avrà inizio sabato 14 marzo, nell’aula multimediale del Dipartimento d’Ingegneria Meccanica per l’Energetica, della Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

 

Al corso oltre alla presenza di numerosi docenti universitari, si alterneranno tutte le istituzioni che intervengono nella realizzazione di un impianto fotovoltaico. Dal Gestore del Sistema Elettrico, alla Sovrintendenza regionale della Campania, dalle banche ai produttori di moduli fotovoltaici e di sistemi informatici.

 

Il progetto è stato configurato per essere immediatamente spendibile sul mercato del lavoro, di altissimo taglio pratico, offre l’inserimento nelle sezione dedicata alla banca dati appositamente istituita: “Albo Tecnici del Fotovoltaico”, consente inoltre, di ottenere un riconoscimento all’interno della comunità professionale.

 

La prima lezione è aperta al pubblico, è gratuita, e possono parteciparvi giovani professionisti, laureandi e neolaureati in discipline tecniche.

 

Per assistere ai lavori di sabato 14 marzo, in forma totalmente gratuita, è necessario inoltrare richiesta motivata a: formazione@adiellegroup.com, allegando un curriculum sintetico.

 

Federalismo notizie

Legautonomie trasporto pubblico locale tra le funzioni essenziali

Legautonomie ha sollecitato il legislatore a specificare che i tributi propri derivati, destinati al finanziamento delle funzioni delle regioni, devono far riferimento prioritariamente alle basi imponibili relative ad attività produttive e consumi.

Nel merito del provvedimento in esame nelle commissioni competenti della Camera, Legautonomie ha proposto ancheche  il trasporto pubblico locale rientri a pieno titolo tra i livelli essenziali delle prestazioni sociali da garantire a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale;

http://www.legautonomie.it/sito/content.asp?id_item=3756&id_menu=3

lunedì 2 marzo 2009

ALLA RICERCA DELLA SUSSIDIARIETA' VERTICALE. ANCORA SU ENTI LOCALI E COSTITUZIONE[

Luigi Melica, ALLA RICERCA DELLA SUSSIDIARIETA' VERTICALE.   ANCORA SU ENTI LOCALI E COSTITUZIONE in 
associazione italiana dei costituzionalisti

Introduzione. 1. Un breve richiamo al lessico della Costituzione. 2. La mancata applicazione della legge La Loggia: un altro esempio di inattuazione della Costituzione. 3. Brevi osservazioni sul disegno di legge di attuazione dell'art.119 Cost.. 4. Alla ricerca della sussidiarietà perduta.

Introduzione

L'eccellente lavoro compiuto dai Ministri firmatari del disegno di legge sul federalismo fiscale, ora approdato in Parlamento, rischia di essere condizionato dalla inattuazione della parte istituzionale del Titolo V della Costituzione e dalla mancata realizzazione del principio di sussidiarietà.

I ritardi accumulati nel varo dei decreti di attuazione della delega n. 231 del 2004 (la c.d. Legge La Loggia) e nella conseguente riforma del Testo unico delle autonomie locali rischiano di vanificare l'opera di Governo e Parlamento. L'unica spiegazione plausibile di tale procedere “ad intermittenza” tra riforma fiscale ed attuazione della riforma istituzionale, è che le forze politiche pensino ad un nuovo disegno di riforma che accentui la vocazione federale della Costituzione. 

Del resto, nonostante la riforma fiscale si intitoli enfaticamente “delega al Governo in materia di federalismo fiscale”, il sistema costituzionale italiano riformato dal Titolo V non può essere configurato come un sistema federale classico.

In altra sede avevamo sottolineato come la dottrina, nel commentare la riforma costituzionale federale del 2001, aveva chiaramente rimarcato la “centralità” dell’ente Comune, qualificando la forma di stato come uno “Stato regionale a tendenza municipale”, ovvero una  “Repubblica delle Autonomie  e non come un neonato Stato federale[ii].

La riforma costituzionale del 2001, infatti, attribuendo a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni un' ampia garanzia costituzionale, aveva di fatto posto tali enti “tutti” sullo stesso piano, conferendo particolare rilievo all'ente Comune.

Il legislatore costituzionale aveva a tal fine statuito che le ” funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni”, ponendo così rimedio ad alcuni errori del passato, in ciò assecondato dall'istituto della sussidiarietà, già presente nella legislazione ordinaria, ora elevato al rango di disciplina costituzionale.  Nella stessa direzione ha operato l'art.117 comma 2 lett. P), secondo il quale è compito della legislazione statale esclusiva definire le funzioni fondamentali dei Comuni.  

In base, dunque, ad una mera esegesi delle norme costituzionali, emerge una configurazione assolutamente originale del sistema costituzionale vigente: ad un potenziamento delle Regioni generato dall'attribuzione delle competenze c.d. residuali, corrisponde un municipalismo “spinto” conseguente all’attribuzione della competenza generale amministrativa.

Gli enti regionali, in questo ambito, non assumono la funzione di arbitro nella dislocazione e gestione delle funzioni pubbliche, così come accade nel sistema tedesco ed in tale contesto, l'art. 119 cost.  pone in essere una vera e propria “cerniera” dell'intero sistema.                                                                  

Stabilendo, infatti, che “Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni” hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, e che le risorse derivanti dai rispettivi tributi e da quelli statali trattenuti sul territorio sono complessivamente destinate al finanziamento integrale delle funzioni pubbliche ad essi attribuite, l'art. 119 Costchiarisce che i principi e le regole della riforma fiscale si coniugano con l'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali e non con la ripartizione delle competenze per materia, parimenti modificata dall'art. 117 Cost.  

E' dunque comprensibile la ragione in base alla quale il sistema costituzionale assuma più una  connotazione autonomistica (e ad accentuazione municipale) che propriamente federale dove il perno dell'intero sistema è costituito dal principio di sussidiarietà verticale. Anzi, gli sviluppi successivi ed in particolare la disciplina della citata legge n. 131 del 2003, di attuazione del titolo V, hanno ulteriormente connotato tale principio come basilare del sistema costituzionale delle autonomie.  Tale delega, infatti, ancorché non attuata, contiene una serie di disposizioni di chiaro sviluppo del Testo costituzionale, le quali sono a tutti gli effetti diritto vigente (cfr. par. n.2)..    

E' peraltro curioso sottolineare come tale disciplina sia stata approvata da una maggioranza politica diversa rispetto a quella che aveva varato la riforma costituzionale del 2001, a dimostrazione che le conflittualità generate dall'approvazione inaudita altera parte potessero considerarsi sopite. 

Ciò che invero colpisce è che il principio di sussidiarietà verticale, dopo l'enfasi politica iniziale e dopo anni di positivi ed incoraggianti commenti apparsi in letteratura, sembra essersi dissolto nel nulla. Nonostante, infatti, gli sviluppi della legge la Loggia e malgrado le norme costituzionali  prevedessero un'applicazione self executing del citato principio si è continuato a legiferare come se nulla fosse successo[iii]

Sorge quasi il dubbio che il vero obiettivo fosse la sorella “orizzontale”[iv], pienamente attuata, invece, da molti enti territoriali, al punto che il legislatore sembri quasi pentito di avere fondato il decentramento territoriale sulle “funzioni pubbliche” e non sulle “materie” e per tale ragione continui ad operare come in passato[v] .

Una eco di questo modus operandi sembra materializzarsi nelle righe del disegno di legge sul federalismo fiscale.

I costanti richiami al federalismo tedesco della parte introduttiva, sembrano indicare il modello al quale si vorrebbe assomigliare, ma che, Costituzione alla mano, ha sembianze molto diverse.

1. Breve richiamo al lessico della Costituzione                                                                                     

Il lessico della Costituzione riformata consta di tre diversi aggettivi che connotano le “funzioni”, rispettivamente, “fondamentali”(art. 117 comma 2 lett. P), “amministrative”, (art. 118 Cost.)  e “pubbliche”(art. 119 Cost.).

La nozione di “funzione amministrativa” era costituzionalmente rilevante nei rapporti tra Stato ed enti territoriali già prima della riforma del 2001. E' noto, in dottrina, che le Regioni, nel sistema previgente, pur titolari delle funzioni amministrative connesse alle materie di propria pertinenza, non operavano secondo “fini generali”, essendo sprovviste del generale potere di intervenire in sede amministrativa dove vi fossero utilità pubbliche da tutelare (cfr. art. 118 Cost., prima della riforma)[vi].

Lo stesso valeva in linea di massima per lo Stato, anche se la regolazione ed assegnazione delle funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale spettava allo Stato e non alle Regioni.

Stato e Regioni erano dunque tendenzialmente titolari dell'esercizio delle funzioni amministrative correlate alle rispettive materie di competenza, con la sola eccezione delle funzioni c.d. delegate (anche se, come è noto, l'istituto della delega comporta che l'ente delegante mantenga la titolarità della funzione delegata).  

Il sistema precedente poneva dunque in essere un rapporto, tra materie e funzioni, di mera strumentalità.

La successiva attuazione dell'ordinamento regionale aveva ulteriormente limitato l'operatività dell'amministrazione regionale, da un lato legittimando l'intervento amministrativo statale in taluni ambiti delle materie regionali e dall'altro assegnando effettivamente agli enti locali le funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale.     

Il presente scenario, per comodità solo accennato in questa sede, è stato parzialmente ridisegnato dalla riforma Bassanini”.

La legge n. 59/1998, operando a livello ordinario e non costituzionale, non poteva promuovere una revisione in senso regionalista del sistema delle autonomie, ma solo fornire una interpretazione dell'art. 118 Cost. limitatamente alla regolazione delle funzioni amministrative.  In tale prospettiva si stabilì che le funzioni amministrative dovessero essere attribuite a Regioni ed Enti locali anche nelle materie in cui lo Stato aveva la titolarità della funzione legislativa, ma attribuendo una particolare enfasi alla centralità dei Comuni. 

La riforma Bassanini aveva in tal senso attribuito alle municipalità la “generalità delle funzioni amministrative” esaltandone  il ruolo “storico” in un contesto di forte respiro autonomistico. Le eccezioni al generale principio di attribuzione della competenza amministrativa a favore dei Comuni, riguardavano quelle funzioni che, per il loro esercizio unitario, fossero da conferire a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Ciò rilevato, urgeva un intervento ai sensi dell' art. 138 cost. per completare l'assetto del sistema. 

E' appena il caso di osservare come il legislatore costituzionale, al momento del varo della riforma costituzionale, operasse a “campo completamente aperto”. Nulla, infatti, vietava alle forze politiche di riordinare in senso regionalista il sistema delle autonomie, reintroducendo il principio del parallelismo tra funzioni e materie e, quindi, attribuendo alle Regioni la generale competenza amministrativa così come avviene per i Lander tedeschi [vii]

La riforma costituzionale, invece, ha sostanzialmente ripreso le linee essenziali delle leggi  “Bassanini”, e, pur rafforzando l'Ente Regione attraverso l'inversione del criterio di ripartizione delle materie rispetto allo Stato, ha ulteriormente consolidato la centralità delle funzioni pubbliche rispetto alle materie, attraverso gli artt. 117 comma 2 lett. P), 118 e, soprattutto, l'art. 119 Cost.

L' ingresso nell'ordinamento del principio di sussidiarietà, da questo punto di vista, non ha operato pro – Regioni versus materie, bensì pro – Comuni versus funzioni[viii].

La sussidiarietà attiene infatti alle funzioni amministrative e non alle materie, differentemente dal l'ordinamento comunitario e dal sistema costituzionale tedesco.

Non solo ma è stata ribadita la centralità dell'ente Comune cancellando definitivamente il rapporto di strumentalità tra materie e funzioni pubbliche.

In tale prospettiva, oltre ad essersi previsto che la sussidiarietà operasse come criterio di configurazione delle “funzioni amministrative”, si è assegnata alla competenza esclusiva statale la determinazione  delle “funzioni fondamentali” di Comuni e Province ed è stato statuito che fossero le “funzioni pubbliche” e non le “materie” ad essere finanziate dai mezzi e le risorse di cui all'art.119 Cost.  

Occorre ora osservare come la legge la Loggia, operando nella stessa direzione, abbia addirittura avvalorato tali rapporti, da un lato, ampliando l'ambito di operatività del principio di sussidiarietà, dall'altro, fornendo una definizione di “funzioni fondamentali” in linea con la centralità dell'ente Comune. 

2. La mancata applicazione della Legge La Loggia: un altro esempio di inattuazione della Costituzione.

L'art. 2 della delega contenuta nella legge n.131/2004, fornisce una definizione di “funzioni fondamentali” strettamente connessa ai livelli di governo di Comuni, Province e Città metropolitane[ix].

Il Governo, nell'individuare tali funzioni, deve infatti “prevedere, anche al fine della tenuta e della coesione dell'ordinamento della Repubblica, per ciascun livello di governo locale, la titolarità di funzioni connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente, essenziali e imprescindibili per il funzionamento dell'ente e per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento, tenuto conto, in via prioritaria, per Comuni e Province, delle funzioni storicamente svolte” .

E' appena il caso di sottolineare come la nozione di “funzioni storicamente svolte” e, soprattutto, la connessione tra esse ed il soddisfacimento dei bisogni primari delle comunità di riferimento, collocano la legge La Loggia nel solco della vocazione fortemente municipalistica del sistema costituzionale italiano. Ma la novità – e quindi il passaggio ulteriore rispetto alle discipline previgenti – deve cogliersi nella successiva lettera c dell'art.2 della delega.

Il principio di sussidiarietà che l'art. 118 Cost. applica nella allocazione delle funzioni amministrative, diviene decisivo anche ai fini dell'individuazione delle funzioni fondamentali ex art.117 comma 2 lett. P)[x].

Si prevede infatti, che il Governo, nell'esercizio del potere delegato è tenuto a “valorizzare i principi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione nella allocazione delle funzioni fondamentali in modo da assicurarne l'esercizio da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali, ne garantisca l'ottimale gestione anche mediante l'indicazione dei criteri per la gestione associata tra i Comuni”.

Trattasi di novità di non poco rilievo, poiché la nozione di “funzione fondamentale” è ben diversa rispetto a quella di “funzione amministrativa”.  L'indicazione della sussidiarietà come criterio di allocazione anche delle funzioni fondamentali è tutt'altro che ricognitiva di una affermazione già esistente nell'art.118 della Costituzione. 

A fare da “pendant” con l'articolazione delle funzioni, non deve dimenticarsiè la norma di chiusura dell'art.119 Cost ai sensi della quale le risorse derivanti dalla tassazione devono essere destinate al finanziamento integrale delle “funzioni pubbliche” attribuite a Comuni, Città Metropolitane Province e Regioni .

La nozione di “funzione pubblica” assume dunque una connotazione generale e ricognitiva delle nozioni, rispettivamente, di “funzione fondamentale” e “funzione amministrativa”.

Tale vis innovativa non è mitigata dal richiamo del comma a) dello stesso art.2,  secondo il quale l'articolazione delle funzioni fondamentali deve operare nel “rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni” e ciò perché, lo stesso comma, pone immediatamente dopo gli enti tutti sullo stesso piano, attraverso il richiamo all'autonomia ed alle competenze costituzionali degli enti territoriali ai sensi degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, nonché alla valorizzazione delle potestà statutaria e regolamentare dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane”, ovvero, attraverso un richiamo, questa volta ricognitivo, del disegno municipalista della riforma del Titolo V.

Si ritiene, in conclusione, che il richiamo alla sussidiarietà limitatamente alla individuazione delle funzioni fondamentali di cui all'art.117 comma 1 lett. P), consolidi e renda irreversibile l'eliminazione del nesso strumentale tra materie e funzioni in vigore nel sistema precedente, confermandosi, di conseguenza, il disegno municipalista e non federale della Costituzione italiana riformata.

Indicazioni differenti emergono dalla lettura del disegno di legge sul federalismo fiscale.

3. Brevi osservazioni sul disegno di legge di attuazione dell'art. 119 Cost.

Il presente paragrafo non contiene un commento al disegno di legge sul c.d. federalismo fiscale del quale, peraltro, si condivide appieno l'impostazione di fondo, ma delinea alcuni “punti deboli” che potrebbero minarne l'effettiva attuazione in linea con le osservazioni esposte nei paragrafi precedenti.

Ciò premesso, si osserva preliminarmente che è assente, nella delega, un raccordo tra la riforma di tipo fiscale e quella di tipo istituzionale[xi]

Tale gap, derivante dalla mancata attuazione del sistema costituzionale delle autonomie e del principio di sussidiarietà, ha effetto sulla stessa formulazione della disciplina normativa.

L'obiettivo “di sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e garantire la loro massima responsabilizzazione e l'effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti” (art. 1 disegno), per fare un esempionon sembra finalizzato ad un oggetto univoco. 

Il disegno di legge indirizza tale obiettivo, ora sulle “materie” oggetto delle competenze “legislative", ora sulle “funzioni fondamentali” attribuite alle autonomie, sembrando ignorare che la fisionomia assunta dalla forma di stato e di governo prevede la dislocazione delle funzioni in modo interdipendente da quella delle materie.

Di tale assunto non sembra prendersi atto nei passaggi salienti del disegno.    

In particolare, l'art. 2, recante titolo “oggetto e finalità” del disegno di legge, stabilisce che l'obiettivo del “superamento graduale, per tutti i livelli istituzionali, del criterio della spesa storica” deve realizzarsi, fra l'altro, a favore del “fabbisogno standard” per il finanziamento dei livelli essenziali di cui all’articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione, e delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione”.

In senso analogo nel successivo art. 5., contenente i “principi e criteri direttivi relativi ai tributi delle Regioni a statuto ordinario e alle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali”statuisce che “le Regioni a statuto ordinario dispongono di tributi e di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali in grado di finanziare le spese derivanti dall’esercizio delle funzioni nelle materie che la Costituzione attribuisce alla loro competenza residuale e concorrente”. 

Il disegno di legge sembra dunque evidenziare che ogni materia residuale e concorrente attrae le corrispondenti funzioni pubbliche, applicandosi, dunque, il principio del “parallelismo tra materie assegnate e funzioni concretamente svolte” abolito dagli ultimi dieci anni di legislazione, sia ordinaria che costituzionale.   

E’ sintomatico osservare che uno degli emendamenti proposti il 14.01.2009 dalla Commissione congiunta Affari costituzionali, finanze e bilancio (cfr. nota n.1 del presente articolo), ha proprio ad oggetto la “cancellazione”, dopo la parola “funzioni”, della proposizione successiva“nelle materie che la Costituzione attribuisce alla loro competenza residuale e concorrente”.

Il “legislatore” sembra dunque avere corretto il Governo in relazione al profilo del “parallelismo” tra materie e funzioni.

Giova ulteriormente osservare che la stessa accortezza non è stata riservata al successivo art. 6 dal titolo, “Principi e criteri direttivi sulle modalità di esercizio delle competenze legislative e sui mezzi di finanziamento”il quale, infatti, stabilisce che i decreti legislativi dovranno disciplinare “la classificazione delle spese connesse alle materie di competenza legislativa di cui all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione”, precisandosi, che tali spese sono: “1. le spese riconducibili al vincolo della lettera m) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione”, tra le quali “rientrano quelle per la sanità, l’assistenza e l’istruzione”.  

Peraltro, l’ulteriore dato derivante da tale disposizione è che i livelli essenziali di cui all'art.117 comma 2 lettera M) sarebbero correlati alle specifiche materie di pertinenza regionale e non alle funzioni pubbliche da regolare ed assegnare sulla base del principio di sussidiarietà[xii].

Preme aggiungere, per completezza che anche l''art. 9 del disegno, regolante i principi e criteri direttivi sul finanziamento delle funzioni di Comuni, Province e Città metropolitane non si sottrae a questa lettura.                  

Tale disposto, distingue, opportunamente, tra spese occorrenti per le “funzioni fondamentali” ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera P), della Costituzione e spese occorrenti per le “altre funzioni” e prevede aggiuntivamente che è compito degli emanandi decreti legislativi definire le modalità in base alle quali “il finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti locali e dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate” avvenga in base al fabbisogno standard e sia assicurato “dai tributi propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e dal fondo perequativo”. Successivamente assegna ai decreti legislativi l'ulteriore onere di definire le modalità di cui “tenere conto” nel caso di “trasferimento di ulteriori funzioni ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, al fine di assicurare, per il complesso degli enti, l’integrale finanziamento di tali funzioni, ove non si sia provveduto contestualmente al finanziamento ed al trasferimento”.

Riservandosi ulteriori approfondimenti, un prima riflessione riguarda il primo passaggio, ossia la previsione sulle “funzioni fondamentali”.

Traspare chiara dalla lettura delle norme, lo “sforzo” dei redattori nella individuazione della formulazione lessicalmente corretta, in ragione della mancata definizione delle funzioni fondamentali dei Comuni: le specifiche funzioni fondamentali che includono le prestazioni di cui all'art.117 lettera M), infatti, possono solo essere immaginate dal legislatore. Non solo, ma fa riflettere anche la previsione sul finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali da garantirsi sul territorio nazionale, posto che nessuna norma costituzionale prevede per essi, una specifica forma di finanziamento.  

Del resto, se lo Stato avesse definito mediante legge le “funzioni fondamentali” dei Comuni, avrebbe inevitabilmente fissato – a salire -  le funzioni delle Province, delle Regioni e dello Stato, includendo  - a quel punto - per ciascuna funzione, uno standard minimo di risorse derivante dai livelli essenziali delle prestazioni in esse implicate.    

Volendo esprimere un sintetico giudizio sul punto, si ritiene che le ragguardevoli e meritevoli finalità del progetto governativo, difficilmente potranno essere attuate prescindendo dall'attuazione della legge la Loggia, e, prima ancora, dall'effettiva esecuzione del dettato costituzionale nel senso e secondo le indicazioni prospettate.

Del resto, la definizione di funzione fondamentale accolta dalla legge La Loggia, poiché è correlata al  soddisfacimento dei bisogni primari delle comunità di riferimento,  comprova quanto affermato. Si fatica infatti ad immaginare come gli ambiti tematici connessi alla lettera M) ed individuati dal Governo, rispettivamente, nell'”assistenza”, “istruzione”, “sanità” e “trasporti”, non si traducano in rilevanti funzioni fondamentali di pertinenza comunale, attenendo ictu oculi ai bisogni primari della comunità di riferimento[xiii].

Se non si opera in tale direzione, si finisce per creare confusione anche terminologica, tra materie, funzioni fondamentali, amministrative e pubbliche e livelli essenziali delle prestazioni.    

4. Alla ricerca della sussidiarietà perduta

Le osservazioni che precedono dovrebbero avere esaurientemente chiarito il nostro pensiero.

Nella speranza di essere smentiti, proprio perché si condivide appieno la ratio ispiratrice del disegno di legge, si teme invero che l'approvazione seduta stante del progetto governativo rischi di risolversi in un' “empasse” istituzionale.

Perlomeno se non si attua definitivamente il principio di sussidiarietà.

Senza esagerazioni, si osserva come la sussidiarietà sia forse la riforma più propagandata degli ultimi anni e la meno attuata degli ultimi decenni.

I ritardi nell'attuazione della legge la Loggia ne sono una chiara dimostrazione, posto che, come precedentemente sottolineato, definire le funzioni fondamentali dei Comuni nei termini sopra indicati, significa, nel concreto, articolare, funzione per funzione, cosa deve svolgere il Comune, in materia di assistenza, istruzione, trasporti, ed anche nei servizi locali inerenti la salute, ossia negli ambiti connessi ai livelli essenziali di cui alla lettera M) dell'art. 117 Cost.

Senza contare che, la mancata emanazione nei tempi previsti dei decreti legislativi, non fa venir meno l’efficacia giuridica delle definizioni accolte e, prima fra tutte, la nozione di funzione fondamentale del Comune oltre al fatto che lo stesso legislatore potrebbe (e forse dovrebbe) riattivare la delega, assegnando un nuovo termine al Governo. 

Più in generale, si rileva la carenza di una vera e propria impostazione di fondo conforme alla ratio informatrice del principio, già partendo dalla tecnica legislativa generale. 

Si osservi, in via meramente esemplificativa del trend generale, la formulazione dell'art. 9 del disegno di legge delega sul federalismo fiscale attinente alle “funzioni amministrative”.  Tale disposizione affida ai decreti legislativi la definizione delle modalità di cui “tenere conto” nel caso di “trasferimento di ulteriori funzioni ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, al fine di assicurare, per il complesso degli enti, l’integrale finanziamento di tali funzioni, ove non si sia provveduto contestualmente al finanziamento ed al trasferimento”.

Vi si scorge una lettura quanto meno riduttiva dell'originalità dell'art.118 Cost..

La ratio della sussidiarietà è infatti quella di attribuire ai Comuni la generalità delle “funzioni amministrative”, considerandosi un eccezione - da motivarsi sulla base dei criteri di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza -  l'attribuzione delle funzioni amministrative agli enti di livello superiore. Si ricorda che il secondo comma dell'art. 118 Cost prevede che Comuni, Province e Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite loro con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze.

Orbene, è abbastanza evidente che i due commi debbano leggersi congiuntamente delineando un sistema che, operando a regime, dovrebbe funzionare nel modo seguente. 

Gli enti titolari della funzione legislativa (e quindi Stato e Regioni) avendo l'obbligo  - e non già la facoltà -  di assegnare ai Comuni la generale attuazione amministrativa degli interessi regolati, dovrebbero preoccuparsi, in ogni singola legge, di motivare l'eventuale assegnazione di tale competenza agli Enti superiori. In tale prospettiva, anche la legislazione del passato, probabilmente, dovrebbe essere rivista nel senso di trasferire agli enti comunali il generale compito di attuare le legislazioni vigenti, all'insegna di una vera e propria deconcentrazione delle competenze amministrative.

E' quanto del resto aveva previsto l'art.7 della stessa legge la Loggia, affermando che “lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l'unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell'azione amministrativa” (...).

Essa dava dunque per scontato, che, “tutto il resto”, fosse per definizione di pertinenza comunale.

All'indomani del varo di tale disposizione ci si sarebbe quindi atteso, in relazione al passato, che Stato, Regioni e Province si ritirassero dall'esercizio delle funzioni amministrative meglio svolte dai Comuni sulla base della sussidiarietà e dei principi di cui sopra, ed in relazione al futuro che ogni legge approvata contenesse una specifica indicazione inerente l'applicazione della sussidiarietà nella quale specificare quali delle funzioni correlate all'intervento legislativo fossero da trasferire ai livelli superiori rispetto ai Comuni e soprattutto perché[xiv].

Il tutto con conseguente assegnazione delle relative risorse. 

A mutare, infatti, sarebbe dovuta essere anche l'impostazione  di fondo nell'assegnazione delle risorse. 

Il finanziamento delle leggi, in questo senso, avrebbe dovuto automaticamente essere ascritto agli enti comunali tramite l'assegnazione della generalità delle risorse, in attesa del varo dell'art.119 Cost., dovendosi provvedere in senso diverso solo quando l'attuazione amministrativa  - sulla base delle  ragioni anzidette -  fosse spettata ad un ente diverso.  

E' lampante che se si fosse così operato, l'attuazione dell'art.119 Cost avrebbe risentito molto meno dei gap istituzionali evidenziati e definire i costi standard sarebbe stato molto più agevole e soprattutto lineare.  



[i]               Il presente scritto costituisce la Relazione presentata al Convegno dal titolo, "La Giustizia Amministrativa tra globalizzazione del diritto e federalismo, organizzato il 19.12.2008 dalla Camera amministrativa del Salento. I riferimenti inerenti il disegno di legge sul federalismo fiscale hanno ad oggetto il testo presentato alle Camere dal Governo. Prima della pubblicazione del presente articolo si è appreso che il 14 gennaio 2009, la Commissione congiunta del Senato, Bilancio, Finanze e Affari costituzionali, ha proposto alcuni emendamenti che sembrano andare nella direzione delle argomentazioni riportate nel testo. Non essendo, allo stato, ancora approvato il disegno di legge nella sua versione definitiva, ci si è premurati di riportare le modifiche proposte dal relatore, mantenendo valide le osservazioni esposte nella relazione.   

[ii]              Ci si riferisce a  “La soggettività costituzionale degli enti locali nel processo di attuazione della Costituzione”, in www.federalismi.it, settembre 2008.

[iii]                Sulla circostanza che, forse, non si è avuta subito la chiara percezione delle riforma sulla sussidiarietà, cfr. A. Simoncini, La riforma del titolo V e il “modello costituzionale di welfare” in Italia, in Diritto del mercato del lavoro, n. 3/2003. Si veda, anche, E. Rossi,Sussidiarietà e politiche sociali dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Torino, 2004; Sui rischi di ricentralizzazione delle politiche a livello delle Regioni, cfr.,L. Violini, L’attuazione della sussidiarietà orizzontale in Lombardia, Milano 2004.

[iv]                A. Poggi, Le autonomie funzionali «tra» sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale, Milano, 2001; G.U. Rescigno, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali, in Dir. pubbl., 2002, 5 ss.; V. Tondi Della Mura, Principio di sussidiarietà e formazioni sociali: spunti problematici alla luce dei lavori preparatori della Costituzione, in L. Lippolis, (a cura di), Costituzione e realtà attuale, Milano, 1990, pp. 277 ss.;

[v]           Sul punto, cfr., J Luther, La riforma del federalismo in Germania all’esame del Parlamento italiano, inhttp://www.issirfa.cnr.it/3927,949.html, 2007.

[vi]              La letteratura è ovviamente sconfinata, dai classici ai contributi più moderni. Si veda per tutti, F. S. Severi, (Voce), Funzione Pubblica, in Digesto Disc. Pubbl, VII, Torino, 1991, pp. 69 e ss., e F. Modugno, (Voce) Funzione, Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, pp. 301 e ss. Cfr anche la bibliografia riportata in entrambe le voci. Si veda anche, Falcon G., "Le funzioni", in  Diritto regionale,  Bartole S., Bin R., Falcon G., Tosi R., (a cura di), Bologna, 2005, pp. 136-203. La dottrina cui si fa riferimento nel testo è, fondamentalmente, riconducibile a L. Paladin Diritto Regionale, Padova, 1997, p.188; A. Sandulli Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, pp.394 e ss; G. Virga, Diritto costituzionale, Milano, 1975, pp. 359. Relativamente all'importante contributo sul tema di Gianfranco Mor, si veda anche, Falcon G., "L'amministrazione regionale (a proposito del volume di Gianfranco Mor ’Profili dell'amministrazione regionale’)", in Le trasformazioni dello stato regionale italiano: in ricordo di Gianfranco Mor, Milano 2002, pp. 291-300, Pubblicazioni dell'Istituto di diritto pubblico dell'Università degli Studi di Milano. Noto è anche il commento di F. Bassanini, Riflessione sull’applicazione del principio del parallelismo delle funzioni e sulle competenze regionali in materia ospedaliera, in Giur. Cost., 1971, pp.2149 e ss                  

[vii]  Circa il rapporto tra la riforma del sistema federale tedesco e l’ attuazione, in Italia, della l. cost. n. 3/2001, essenziale è il lavoro di A. Anzon, La “modernizzazione” del federalismo in Germania : spunti di riflessione per l’attuazione e l’aggiornamento del regime delle competenze legislative nell’ordinamento italiano, in AA. VV., Per una nuova stagione delle riforme istituzionali, atti del Seminario di studi sulle riforme istituzionali, Firenze 25 settembre 2006, pubblicato dal Dipartimento per le riforme istituzionali della presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché inwww.federalismi.it

[viii]            In merito a tale principio, come è noto, sono oramai innumerevoli gli interventi. Senza alcuna pretesa di esaustività, si segnala, per quel che rileva ai fini del presente lavoro: A. Anzon, I poteri delle Regioni nella transizione dal modello originario al nuovo assetto costituzionale, Torino, 2003; A. D’Atena, Costituzione e principio di sussidiarietà, in Quad. Cost., 1/2001, 24 ss; B. Caravita di Toritto, La Costituzione dopo la riforma del titolo V – Stato, Regioni e autonomie tra Repubblica e Unione Europea, Torino, 2002, pp. 15 ss.; S. Mangiameli,  La riforma del regionalismo italiano, Torino, 2002; Id, Sussidiarietà e servizi di interesse generale: le aporie della privatizzazione, in AA. VV., Beni pubblici e servizi sociali in tempi di sussidiarietà - Atti del Convegno di Urbino novembre 2006, in www.issirfa.cnr.it; A. Poggi, Il principio di sussidiarietà e il “ripensamento” dell’amministrazione pubblica. Spunti di riflessione sul principio di sussidiarietà nel contesto delle riforme amministrative e costituzionali, in AA. VV., Scritti in onore di Fausto Cuocolo, II, Milano, 2005, pp. 1103 ss¸ P. Ridola, Il principio di sussidiarietà e la forma di Stato di democrazia pluralista, in A. Cervati, S.P. Panunzi – P.Ridola, Studi sulla riforma costituzionale, Torino, 2001, pp. 194; V. Tondi della Mura, Sussidiarietà ed enti locali: le ragioni di un percorso innovativo, in www. federalismi.it, n. 20/2007

[ix]              Sulle problematiche relative alla ritardata o mancata attuazione di disposizioni costituzionali, si rimanda, tra la copiosa dottrina, a C. Mortati, Considerazioni sui mancati adempimenti costituzionali, 1969, ora in Id., Raccolta di scritti, IV, Milano, 1972, 173 ss. P.Grossi,Attuazione e inattuazione della Costituzione, Milano, 2002, 4 ss; A. Loiodice, Attuare la Costituzione, Bari, 2000, 32 ss; S. Panizza  - R. Romboli, (a cura di), L’attuazione della Costituzione, Pisa, 2002. In particolare, sul federalismo fiscale, cfr. F. Bassanini – G. Maciotta, (a cura di).L'attuazione del federalismo fiscale. Una proposta. Bologna, 2003

[x]              Si vedano gli interessanti contributi pubblicati a cura di Astrid, Commento alla legge 5 giugno 2003, n.121 (c.d. Legge La Loggia), inhttp://www.astrid-online.it/--l-attuaz/Commenti-a1/AAVV-Commentario-La-Loggia.pdf.

[xi]              Si osserva come nell’ emendamento presentato dal relatore Azzolini della Commissione congiunta Bilancio, Affari Costituzionali e Finanze relativo all’art. 18 del disegno di legge, si introducono norme transitorie per gli enti locali ed al comma 3 si individuano  “provvisoriamente” le funzioni per i Comuni. Esse sono rispettivamente inerenti, le “funzioni generali di amministrazione e controllo”, la “polizia locale”, “l’istruzione pubblica”, “la viabilità ed i trasporti”, la gestione del territorio e l’ambiente” ed il “settore sociale”. Tale elenco potrebbe dunque riassumere le funzioni fondamentali dell’ente e, quindi, andare nella direzione indicata nel testo. Permangono comunque le nostre perplessità in ordine alle modalità di inserimento di tale elenco nel testo del disegno, ossia in un articolo riportato alla fine, peraltro secondo una connotazione provvisoria. In altre parole, siffatta aggiunta, non sembra realizzare l’auspicato coordinamento tra ambito fiscale ed ambito istituzionale del disegno. Ciononostante valutiamo positivamente tale tentativo, essendosi – finalmente - affrontato il problema della individuazione delle “voci” da finanziare attraverso le risorse previste dall’art.119 Cost.   Lo stesso discorso vale per l’attribuzione delle funzioni amministrative alla sola “Roma capitale” ai sensi dell’art  23 del disegno di legge (ordinamento transitorio di “Roma capitale”). Con riferimento a tale previsione, si osserva anzitutto come sia anomalo attribuire, dette funzioni, alla sola Roma capitale quando l’art.118 Cost. non pratica alcuna distinzione, ragion per cui le si sarebbe potute attribuire quanto meno anche ai restanti Comuni capoluogo. Secondariamente, non si è sicuri che le specifiche funzioni individuate ed assegnate possano qualificarsi “amministrative” e non già “fondamentali” (si pensi, per fare un solo esempio, alla Protezione civile, alla Difesa dell’inquinamento, allo Sviluppo economico – sociale). Si rileva quindi un difetto di applicazione del Testo costituzionale o quanto meno una confusione terminologica.   

[xii]             Circa l’art. 117 secondo comma lett. m) Cost., e la sua duplice, complessa funzione di ricondurre ad unitarietà l’ordinamento ed essere strumento tramite il quale dare attuazione alla Costituzione stessa, la letteratura giuridica è molto vasta. Ci si limita a richiamare, tra gli altri: A. Ruggeri,  Neoregionalismo e tecniche di regolazione dei diritti sociali, in Dir. e soc., 1/2001, 191 ss.; M. Luciani, I diritti costituzionali tra stato e regioni (a proposito dell’art. 117, comma 2, lett m), della Costituzione), in Sanità Pubblica, 3/2002, pp. 345 e ss.; A. D’Atena, Materie legislative e tipologie di competenze, in Quad. cost., 2003, pp. 15 ss.;; F. Pizzetti, L’ordinamento costituzionale italiano tra riforme da adottare e riforme da completare, Torino, 2003, pp. 89 ss; S. Mangiameli, Il riparto Stato-Regioni tra assetto delle materie e disciplina delle fonti, in Le Regioni, 5/2004, pp. 1216 ss..; E. Ferioli, Sui livelli essenziali delle prestazioni: le fragilità di una clausola destinata a contemperare autonomia e eguaglianza, in Le Regioni, 2/2006, pp. 564 ss.

[xiii]            Si veda, più in generale, E. Ferioli, Diritti e servizi sociali nel passaggio dal welfare statale al welfare municipale, Torino, 2003, pp. 155 ss.;

[xiv]              A tal fine può osservarsi il funzionamento del sistema comunitario dopo l’introduzione del principio di sussidarietà.  La circostanza che in sede europea il principio sia applicabile alle materie concorrenti e non alle funzioni non è decisiva. Ogni regolamento comunitario, infatti, reca, nei considerando iniziali o nelle premesse, le ragioni in base alle quali l’Unione ha ritenuto opportuno intervenire e non lasciare la specifica materia alla regolazione degli Stati. Sul principio di sussidiarietà nel contesto europeo, cfr. P. Caretti, Il principio di sussidiarietà e i suoi riflessi sul piano dell’ordinamento comunitario e dell’ordinamento nazionale, in Quad. Cost., 1993, 16 ss.; F. Pizzetti, Il principio di sussidiarietà nell’Unione europea e in Italia: il rispetto del cittadino di fronte alle nuove esigenze di democrazia, in F. Pizzetti, (a cura di)  Il nuovo ordinamento italiano tra riforme amministrative e riforme costituzionali, Torino, 2002, pp. 100 ss . Riferimenti all’ambito comunitario ci sono anche nel mio, Sussidiarietà, in S. Cassese, (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, VI, Milano, 2006, pp. 5836 ss.

(01 marzo 2009)